Adattamento e regia di Riccardo Spagnulo e Giancarlo Visitilli
Teatro di Bari
Spettacolo per la Scuola Secondaria di secondo grado
“La classe è un posto… è un luogo di amicizia, di lavoro, di garbo, sì, di garbo, un luogo di vita, in cui si vive la vita, in cui si dà la vita, non un luogo che porta dolore e sofferenza”
dal film Monsieur Lazhar
L’anno scolastico sta per cominciare e un professore di lettere si prepara ad affrontare l’ennesimo “primo giorno di scuola” di un anno che questa volta è diverso dagli altri: è l’anno degli esami di maturità. Attraversando veloci primo e secondo quadrimestre scorrono come in un diario le storie dei ragazzi di una classe simbolica, adolescenti cresciuti troppo in fretta, ironici, disillusi eppure capaci di mostrare un senso di realtà sorprendente quando sono messi di fronte a problemi più grandi di loro. Il racconto di un ultimo anno di scuola dove si attraversa la vita di un prof e dei “suoi” 29 studenti e sistematicamente si inciampa nella parola “felicità”. C’è spazio a scuola per parlarne? E la scuola può insegnare ad essere felici? Si può insegnare anche questo? Cosa può fare un professore solo di fronte alla valanga di umanità, problemi, pressioni, sfide che si ritrova addosso ogni anno? Forse si può scoprire qualcosa di sé stessi anche insegnando? Anche navigando in questo mare? Trovare la risposta a questi interrogativi è una sfida apparentemente impossibile, affrontata dal prof. con l’incoscienza di chi crede saldamente nelle relazioni umane. Il rapporto con gli adolescenti diviene un continuo interrogarsi su sé stessi e sul ruolo di adulti e, soprattutto, sulla nuda vita degli studenti, già uomini e donne, animata da un intreccio di desideri, passioni, ansie, aspettative sempre sottoposte al vaglio di un mondo che ha poca indulgenza, che non aspetta, che impone, classifica e sanziona.
Dopo molti anni di racconto e lavoro della natura insieme ai ragazzi, da qualche anno ho sentito l’esigenza di raccontare agli adulti dei ragazzi e, forse, della loro sacrosanta natura selvaggia. Questo spettacolo rappresenta per me il secondo capitolo del “racconto della scuola” dopo Cammelli a Barbiana, la narrazione su Don Milani scritta insieme a Francesco Niccolini. L’ho sentito da subito come il racconto di una Barbiana d’oggi, dove rimani indietro anche se semplicemente non hai il “machismo”, uomo o donna che tu sia, che il sistema d’oggi sembra imporre. Diceva Italo Calvino: “anche a vivere si impara” e questo spettacolo accoglie per me la sfida che questo possa accadere in un quel luogo speciale che è la classe in un’epoca dove è così importante riflettere insieme su cosa può significare “merito” di fronte a quell’umano così sensibile che siede dietro i banchi di scuola e, non da meno, dietro la cattedra.
Luigi D’Elia
Adattamento e regia di Riccardo Spagnulo e Giancarlo Visitilli
Teatro di Bari
Spettacolo per la Scuola Secondaria di secondo grado
“La classe è un posto… è un luogo di amicizia, di lavoro, di garbo, sì, di garbo, un luogo di vita, in cui si vive la vita, in cui si dà la vita, non un luogo che porta dolore e sofferenza”
dal film Monsieur Lazhar
L’anno scolastico sta per cominciare e un professore di lettere si prepara ad affrontare l’ennesimo “primo giorno di scuola” di un anno che questa volta è diverso dagli altri: è l’anno degli esami di maturità. Attraversando veloci primo e secondo quadrimestre scorrono come in un diario le storie dei ragazzi di una classe simbolica, adolescenti cresciuti troppo in fretta, ironici, disillusi eppure capaci di mostrare un senso di realtà sorprendente quando sono messi di fronte a problemi più grandi di loro. Il racconto di un ultimo anno di scuola dove si attraversa la vita di un prof e dei “suoi” 29 studenti e sistematicamente si inciampa nella parola “felicità”. C’è spazio a scuola per parlarne? E la scuola può insegnare ad essere felici? Si può insegnare anche questo? Cosa può fare un professore solo di fronte alla valanga di umanità, problemi, pressioni, sfide che si ritrova addosso ogni anno? Forse si può scoprire qualcosa di sé stessi anche insegnando? Anche navigando in questo mare? Trovare la risposta a questi interrogativi è una sfida apparentemente impossibile, affrontata dal prof. con l’incoscienza di chi crede saldamente nelle relazioni umane. Il rapporto con gli adolescenti diviene un continuo interrogarsi su sé stessi e sul ruolo di adulti e, soprattutto, sulla nuda vita degli studenti, già uomini e donne, animata da un intreccio di desideri, passioni, ansie, aspettative sempre sottoposte al vaglio di un mondo che ha poca indulgenza, che non aspetta, che impone, classifica e sanziona.
Dopo molti anni di racconto e lavoro della natura insieme ai ragazzi, da qualche anno ho sentito l’esigenza di raccontare agli adulti dei ragazzi e, forse, della loro sacrosanta natura selvaggia. Questo spettacolo rappresenta per me il secondo capitolo del “racconto della scuola” dopo Cammelli a Barbiana, la narrazione su Don Milani scritta insieme a Francesco Niccolini. L’ho sentito da subito come il racconto di una Barbiana d’oggi, dove rimani indietro anche se semplicemente non hai il “machismo”, uomo o donna che tu sia, che il sistema d’oggi sembra imporre. Diceva Italo Calvino: “anche a vivere si impara” e questo spettacolo accoglie per me la sfida che questo possa accadere in un quel luogo speciale che è la classe in un’epoca dove è così importante riflettere insieme su cosa può significare “merito” di fronte a quell’umano così sensibile che siede dietro i banchi di scuola e, non da meno, dietro la cattedra.
Luigi D’Elia